Il rapporto uomo-luogo è profondo in Verga, nella sua opera letteraria come nella sua esperienza umana.
Vizzini innanzitutto: terra natale, luogo dell’anima, approdo sicuro nel pericolo e sfondo inevitabile di numerose novelle, ma soprattutto di uno dei suoi romanzi più importanti, il Mastro Don Gesualdo.
Catania è la città in cui Verga cresce e si fa adulto, vissuta a fasi alterne fino al ritorno definitivo nel 1893. Morirà una trentina d’anni dopo.
Ci sono poi i paesaggi naturali, la campagna del vizzinese, il mare dei faraglioni.
Lungi dall’essere bucolici, i paesaggi naturali sono spazio vivo, riflesso in qualche modo dei personaggi che lo abitano.
Un palazzo borghese di fine ‘700, in via S.Anna n.8: la struttura originaria era sede del piccolo convento dei “Padri di Sant’Anna”, poi devoluta al Regio Demanio alla soppressione dell’ordine. L’acquistano nel 1784 i coniugi Mauro, avi materni del Verga. Qui il grande autore visse la sua infanzia e la sua vecchiaia, qui ascoltò i canti delle Clarisse, sue vicine, che lo ispireranno per “Storia di una Capinera” e qui infine morì il 27 gennaio 1922.
Non c’è però certezza che qui l’autore nacque, come in effetti non c’è certezza sulla data di nascita, come scrisse lo stesso Verga in una lettera a Benedetto Croce (citata nella rivista da Croce stesso diretta, “La Critica”, nel 1916): «Illustre amico, sono stato al Municipio per avere la data precisa che desidera conoscere: 31 agosto 1840, Catania. Io invece credevo fosse il 2, oppure l’8 settembre dello stesso anno. Eccomi dunque più vecchio di una settimana, ma sempre con grande stima e affetto per Lei.».
In effetti Giovanni Carmelo Verga di Fontanabianca risulta essere nato per l’anagrafe il 2 settembre 1840 a Catania, tuttavia secondo un’altra tesi sarebbe nato prematuro a fine agosto in un podere della famiglia a Vizzini e poi registrato a inizio mese a Catania, città della madre e scelta migliore per gli affari.
Monumento nazionale dal 1939, il Palazzo ospita oggi la Casa Museo Verga con gli arredi originali in legno di noce proveniente dalla tenuta di famiglia a Vizzini e la ricchissima biblioteca privata dello scrittore. Il Fondo documentario della famiglia Verga è invece conservato presso l’Archivio storico comunale di Catania, donato dagli eredi negli anni Novanta: una mole poderosa di documenti, tra lettere, testamenti, atti giudiziari e altro ancora, afferenti ad almeno sei generazioni.
Per quanto riguarda il Verga letterario, troviamo Catania anche nel Rione Monserrato di “Rosso Malpelo”, il suo circondario nel Monte Ilice di “Storia di una Capinera” e in Bronte per la novella “Libertà”.
“Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: “Viva la libertà!”. Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano."
Giovanni Verga - Libertà
Vizzini è il luogo d’origine dei Verga: in piazza Umberto, in pieno centro troviamo il Palazzo di famiglia. Vizzini tuttavia è anche luogo letterario per lo scrittore: scenario autentico di diverse sue opere.
In giro per il paese assistiamo allo svolgersi delle vicende del Mastro Don Gesualdo: l’incendio che dà inizio all’opera coinvolge il decadente e decaduto Palazzo Trao. Si tratta in realtà del Palazzo barocco dei Ventimiglia, ora Museo dell’Immaginario Verghiano, che ospita la Mostra permanente delle foto di Verga.
C’è poi la Casa di Gesualdo, in via Santa Maria dei Greci, e Palazzo Rubiera, nella finzione la casa della baronessa. A Palazzo Sganci avviene il fidanzamento tra Bianca Trao e Gesualdo, nella Chiesa di Sant’Agata il matrimonio, a Palazzo La Gurna il banchetto nuziale: Verga scelse il nome dei La Gurna per il Palazzo, anche se non apparteneva al casato nella realtà, perché era una fra le più antiche famiglie nobili della città.
Basta poco per ritrovarsi dentro Cavalleria Rusticana: in via Volta troviamo le Case di Lola e Santuzza e poco distante la Carretteria di Alfio. Assistiamo al bacio della sfida tra Alfio e Turiddu nell’Osteria della Gna’ Nunzia in Piazza S.Teresa e infine al duello nel vecchio borgo della Cunziria, dove fino agli anni ’50 si conciava il cuoio.
Altre celebri novelle, come Jeli il pastore, La Lupa e la Roba, prendono vita nella campagna circostante, in un paesaggio, naturale e umano, eterno.
"In questa casa visse con le creature dell'alta sua fantasia Giovanni Verga, che dalle passioni, dalle cadute, dai risorgimenti degli umili trasse il mondo dei vinti"
Epigrafe Palazzo Verga - Vizzini
Le barche, la chiesa, il mare, la piazza, i Faraglioni.
Qui dove il mare brontola in un modo tutto suo ché sembra di conoscerlo abbastanza da potersi fidare, qui abitano I Malavoglia.
A pochi passi dalla Chiesa di San Giovanni, è la Casa del Nespolo, con il cortiletto, un piccolo orto e il tipico arco in pietra lavica. Ci sono ancora gli antichi strumenti per la pesca e gli oggetti di vita quotidiana.
Oggi Museo, la Casa del Nespolo custodisce nella “Stanza dei Malavoglia” una raccolta di fotografie scattate personalmente da Verga e delle lettere indirizzate al fratello Pietro. Raccoglie inoltre fotografie e testimonianze dal capolavoro di Luchino Visconti, “La terra trema” girato ad Acitrezza nel 1947.
Il Castello di Aci, imponente maniero normanno a picco sul mare, ci dà invece l’occasione per scoprire un ” Verga diverso”, qui lo scrittore ambienta il lungo racconto “Le storie del castello di Trezza” pubblicato in quattro puntate dal 17 gennaio al 7 febbraio 1875. Con le sue atmosfere cupe e le suggestioni gotiche, l’opera, costruita come un giallo, appare lontana ed estranea al Verga verista, cantore degli umili, e rappresenta un’incursione dell’autore nel genere fantastico.
«[...] perché il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci Trezza ha un modo tutto suo di brontolare, e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe, e par la voce di un amico.»
Giovanni Verga - I Malavoglia
Nonostante Verga diffidasse della settima arte, che definiva “un castigo di Dio”, un “romanzo d’appendice per analfabeti” (in contrasto con l’amico Luigi Capuana che parlava piuttosto di “san Cinematografo”, l’unico in grado di salvare i letterati dalla miseria), vi collaborò attivamente, occupandosi della sceneggiatura di Caccia alla volpe, Storia di una capinera, Storie e leggende, Cavalleria rusticana. Fu proprio la delusione che gli procurò la trasposizione cinematografica di Cavalleria Rusticana a indurlo in seguito a non intervenire (o non figurare) nelle pellicole successive, limitandosi alla cessione dei diritti cinematografici.
Le trasposizioni cinematografiche dei testi del Verga sono numerose, tra queste va sicuramente citata “La terra trema” di Luchino Visconti (1948, da I Malavoglia) girato ad Aci Trezza e Capo Mulini (Catania).
È di Franco Zeffirelli invece “Storia di una capinera” (1993) dall’omonimo romanzo, realizzato nel Siracusano e in particolare presso: Masseria “Case Musso”, Contrada Vallefame, Masseria di contrada Cavadonna, Chiesa di San Paolo (Palazzolo Acreide).
Tra i film tratti dalle novelle, abbiamo “Bronte” di Florestano Vancini (1972, da “Libertà”) girato nella cittadina che dà il titolo al film; “La lupa” di Gabriele Lavia (1995) dall’omonima novella, ambientato tra Siracusa e Catania: Masseria “Case Musso”, Contrada Cardinale (Palazzolo Acreide); Borgo della Cunziria (Vizzini). Infine “Rosso Malpelo” di Pasquale Scimeca (2007, da “Rosso malpelo e altre novelle”) interamente girato nel Parco Minerario di Floristella – Grottacalda (Enna), anticamente bacino minerario per l’estrazione di Zolfo.